L’intento di un proverbio è quello di trasmettere alle'generazioni, nella forma più semplice possibile, l’esperienza dei padri: proprio per questo è facile trovarne uguali o simili in regioni diverse o, addirittura, con lo stesso insegnamento in nazioni diverse.
Affini ai proverbi sono i modi di dire e a volte stabilire i confini tra due tipi di allocuzioni non è facile.
Le caratteristiche dei proverbi sono: la sinteticità, proprio perché deve colpire nell’essenza e, a volte, essa è ridotta all’estremo, per e- sempio “rise, n’ora tise”, oppure “chi nijozia campa” o ancora “carta canta”.
Un’altra caratteristica è lameta- fora, tanto che il proverbio ha almeno due sensi, uno proprio ed uno figurato e adattato alla situazione, per esempio “la capa che nenparla jè chiam,ata ch.icoccia”, che fa riferimento alla zucca come testardaggine e si dice a proposito di chi è taciturno, che raramente esprime la propria opinione ed ha un carattere difficile da comprendere.
Altre volte la metafora diventa allegoria: “J’diche zà e cadde córre alla vesàccia”, che riferendosi al cane che, affamato, persiste nell’andare verso il cibo anche se cacciato, si dice di persona che caparbiamente non vuole intendere un discorso o che vuole fare per forza qualcosa non permessa.
Nelle raccolte dei proverbi in generale si segue uno schema ben preciso, che è quello di classificarli a seconda del messaggio contenuto, per cui troviamo proverbi morali e sociali : “fa lu bbane e scùr- detene, fa lu male e pànzece”, meteorologici: “se ‘ntróna chióue, s’al- lampa scampa”, agricoli: “o módde o assùtte, pe Santa Lucia sèmena tutte”.
Altre volte questo è strettamente legato ad un aneddoto di origine locale, per cui nel riportarlo l’Autore lo racconta, concludendolo con la massima in questione. Amò di e- sempio, e per concludere, riporto l’aneddoto del famoso detto: “ ‘Na vota ce ‘mpica Cola”.
Viveva “dalle nostre parti” un signore che aveva un figlio, Cola, il
quale aveva la cattiva abitudine di sperperare il denaro del genitore in festini con gli amici, ed il padre, cominciando ad accusare il peso dell’età, un giorno prese delle monete, le nascose in una trave del soffitto e ad essa legò una corda a forma di cappio. Chiamato il figlio, gli disse: “Figlio mio, tu non vuoi lasciare questa brutta strada perché pensi che la vita sarà sempre così. Quando io non ci sarò più e tu non avrai di che vivere, ricordati di questa corda e impiccati”.
Dopo un po’di tempo il padre morì e, con il passare dei giorni, Cola si ritrovò senza soldi e senza ahiici. Decise, per la disperazione, di impiccarsi, ma quando allontanò lo sgabello, la trave si ruppe e fuoriuscirono i soldi che aveva messo il padre.
Il giorno dopo chiamò a raccolta i suoi amici, ma sul tavolo del banchetto mise dei piatti con delle ossa dentro, dicendo: “Finora avete mangiato la carne, ora arrangiatevi con le ossa, perché ‘na vota ce ‘mpica Cola!”.
Come è facile capire, il detto viene riferito quando una persona, in base ad esperienza acquisita, evita di fare lo stesso errore e, quindi, di trovarsi nel medesimo guaio.
Scorrendo una qualsiasi raccolta di proverbi, ci si si accorge di quanta luce deriva e si spande dal sapere di molte generazioni e come dai padri ai figli passa l’eredità del senno e dell’esperienza.