Michele Pirro: ...lo ritrarrei seduto ad un tavolo di lavoro con attorno i suoi cari e con in bocca l’eterno, inseparabile, mozzicone di sigaro...
scrivere un articolo che riÂguarda il caro Michele Pirro mi rende immensamente feÂlice e, per due motivi, ne faccio anÂche un dovere.
Sono felice ricordare quella figuÂra simpatica di uomo, di padre e di artista.
Era piccolo di statura ma grande di cuore e di animus. Aveva in sé u- no strano modo di comportarsi. E- ra attento e metodico nelle sue coÂse tanto da sembrare pignolo. Era geloso delle sue creature e le curaÂva con infinita attenzione.
Scrivo di Michele Pirro con senso di affetto e di simpatia senza agÂgiustare niente e senza ingrandire niente. Era una persona che si faÂceva rispettare e stimare. Per queÂsto mé ne faccio anche un dovere scrivere un articolo che, spero venÂga letto senza critiche e senza sorÂrisi. Michele Pirro era così: religioÂso, padre di famiglia, uomo civile e retto, artista semplice e spontaneo perché le sue melodie appartengoÂno a tutti, alla realtà , alle persone ed al tempo. Dico tempo per signiÂficare passato, presente e futuro del nostro paese. Mi auguro, oggi, che queste melodie non vengano dimenticate, ma tramite i giovani, siano tramandate al futuro.
È mio dovere ricordarlo agii amiÂci che lo conobbero, che hanno visÂsuto insieme ansie, gioie e dolori, che hanno superato stenti, paure e miserie e che hanno gioito nell’a- scoltare La Zita mia, Lu Squar- cione, La tarantalla sangiuÂvannara e altre melodie.
Lo ricordo a chi con lui ha concerÂtato e cantato, a chi ha ascoltato la sua chitarra, la tromba che ha suoÂnato con passione fino a quando il fiato ha sorretto. Gli anni passano per tutti, e si fanno sentire.
Non ho mai cantato per lui le sue canzoni perché a me non piaceva vestire il bel costume antico, ma mi sono sdebitato con lui perché ho portato le sue belle canzoni nella scuola dove i bimbi si sono deliziaÂti a cantarle. Me lo ricordo ancora seduto nel salone del teatro1 delle suore, martedì 21 giugno 1966, in occasione della festa per i maestri che andavano in pensione, quando sentì cantare la Tarantalla sanÂgiuvannara da settanta bambini di 3-, 4- e 5- classe elementare. RiÂcordo ancora l’espressione del suo viso. Era l’espressione di meraviÂglia, di gioia e di soddisfazione.
Dopo la recita venne a salutarmi e vidi, e mi è rimasto impresso, nei suoi occhi piccoli, furbi e intelligen- ti, una gioia infinita. Ho guardato dentro quegli occhi ed in essi ho viÂsto rispecchiare l’animo gentile di un bimbo.
Belle cose che appartengono al passato ma che ti fanno rivivere in esse. E un dovere additarlo ai gioÂvani perché imparino ad amare il lavoro come lo amava lui seriaÂmente, perché il lavoro è fonte di ricchezza materiale e spirituale. Egli era semplice e gentile, sempre pronto al sorriso. Si è fatto da solo. Ha studiato la musica nelle poche ore libere e siccome era un attento osservatore, i suoi versi descriveÂvano bene ciò che gli succedeva atÂtorno.
Michele Pirro amava poche cose con tutte le sue forze: Dio, la famiÂglia e il suo paese che adorava, gli amici che stimava e rispettava e le sue creature che aveva dentro di sé: la musica e la poesia.