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francesco

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Sabato, 02 Novembre 2013 19:39

Tarantalla sangiuvannara di Paolo De Angelis

Michele Pirro: ...lo ritrarrei seduto ad un tavolo di lavoro con attorno i suoi cari e con in bocca l’eterno, inseparabile, mozzicone di sigaro...


scrivere un articolo che ri­guarda il caro Michele Pirro mi rende immensamente fe­lice e, per due motivi, ne faccio an­che un dovere.

Sono felice ricordare quella figu­ra simpatica di uomo, di padre e di artista.

Era piccolo di statura ma grande di cuore e di animus. Aveva in sé u- no strano modo di comportarsi. E- ra attento e metodico nelle sue co­se tanto da sembrare pignolo. Era geloso delle sue creature e le cura­va con infinita attenzione.

Scrivo di Michele Pirro con senso di affetto e di simpatia senza ag­giustare niente e senza ingrandire niente. Era una persona che si fa­ceva rispettare e stimare. Per que­sto mé ne faccio anche un dovere scrivere un articolo che, spero ven­ga letto senza critiche e senza sor­risi. Michele Pirro era così: religio­so, padre di famiglia, uomo civile e retto, artista semplice e spontaneo perché le sue melodie appartengo­no a tutti, alla realtà, alle persone ed al tempo. Dico tempo per signi­ficare passato, presente e futuro del nostro paese. Mi auguro, oggi, che queste melodie non vengano dimenticate, ma tramite i giovani, siano tramandate al futuro.

È mio dovere ricordarlo agii ami­ci che lo conobbero, che hanno vis­suto insieme ansie, gioie e dolori, che hanno superato stenti, paure e miserie e che hanno gioito nell’a- scoltare La Zita mia, Lu Squar- cione, La tarantalla sangiu­vannara e altre melodie.

Lo ricordo a chi con lui ha concer­tato e cantato, a chi ha ascoltato la sua chitarra, la tromba che ha suo­nato con passione fino a quando il fiato ha sorretto. Gli anni passano per tutti, e si fanno sentire.

Non ho mai cantato per lui le sue canzoni perché a me non piaceva vestire il bel costume antico, ma mi sono sdebitato con lui perché ho portato le sue belle canzoni nella scuola dove i bimbi si sono delizia­ti a cantarle. Me lo ricordo ancora seduto nel salone del teatro1 delle suore, martedì 21 giugno 1966, in occasione della festa per i maestri che andavano in pensione, quando sentì cantare la Tarantalla san­giuvannara da settanta bambini di 3-, 4- e 5- classe elementare. Ri­cordo ancora l’espressione del suo viso. Era l’espressione di meravi­glia, di gioia e di soddisfazione.

Dopo la recita venne a salutarmi e vidi, e mi è rimasto impresso, nei suoi occhi piccoli, furbi e intelligen- ti, una gioia infinita. Ho guardato dentro quegli occhi ed in essi ho vi­sto rispecchiare l’animo gentile di un bimbo.

Belle cose che appartengono al passato ma che ti fanno rivivere in esse. E un dovere additarlo ai gio­vani perché imparino ad amare il lavoro come lo amava lui seria­mente, perché il lavoro è fonte di ricchezza materiale e spirituale. Egli era semplice e gentile, sempre pronto al sorriso. Si è fatto da solo. Ha studiato la musica nelle poche ore libere e siccome era un attento osservatore, i suoi versi descrive­vano bene ciò che gli succedeva at­torno.

Michele Pirro amava poche cose con tutte le sue forze: Dio, la fami­glia e il suo paese che adorava, gli amici che stimava e rispettava e le sue creature che aveva dentro di sé: la musica e la poesia.


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